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Per me, “cibo” è sinonimo di “memoria”, un mondo che vivo come se guardassi un bambino: qualcosa che è lì per migliorare la nostra esistenza, per rinvigorirla. Qualcosa da trattare con leggerezza, ma soprattutto con rispetto.
 

Sono italiana, cresciuta tra i ristoranti di mio padre e la grazia dei piatti di mio fratello Raffaele, chef. Due uomini dolcissimi che porto nel cuore. In casa c’è sempre stata musica accesa, grazie a mia madre e alla sua passione per il canto.
 

Ho lavorato come art director a Roma, dopo essermi laureata, ma la vita mi ha tenuta sempre legata al mondo della gastronomia, della musica e dell’arte. Viaggiare e vivere con persone di culture differenti mi ha arricchita di nuove prospettive, che hanno reso più profonda la mia percezione della vita e annullato il peso del giudizio.

Da quasi nove anni vivo nella splendida Lisbona, dove ho deciso di mettere nuove radici e ricominciare una nuova vita con mia figlia, la meravigliosa Aria.
 

Sono ripartita dalle mie origini: mi sono specializzata in pasta artigianale creativa in Italia e sono diventata una pasta designer. Mi piace definirmi così perché tratto il mondo della pasta da un punto di vista creativo, trasformandolo in qualcosa che evochi scenari estetici e sensoriali.

Il nostro laboratorio è il luogo in cui tutto ha inizio: si procede all’impasto, poi alla scelta dei colori da utilizzare, e infine si dipinge la pasta a seconda del pattern scelto, quel preciso modello con i suoi colori, le sue decorazioni e i suoi limiti da superare.
 

Quel “piatto a tavola” è il risultato finale di milioni di pensieri, letture, scottature, giornate a pensare ed altre a fare. Viaggi, paesaggi, silenzi, odori, musicalità, scoperte… ma soprattutto storie di vita. Di questo vi parlerò. Memorie senza le quali non saremmo qui.

"Ho scelto di raccontarvi la nostra storia come se stessi parlando con un amico, non con un pubblico
da conquistare a tutti i costi."

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Massazuleja è il porto d’attracco di un viaggio molto lungo che io e mia figlia

abbiamo fatto, attraversando il Mediterraneo e l’Oceano Atlantico, fino a Lisbona.

Se fosse un film, la prima scena sarebbe il susseguirsi di onde sferzate dalla prua di un veliero e due donne che, abbracciandosi, guardano l’orizzonte con la pace nei loro cuori, ancora provati dalla separazione da persone amate profondamente. Non sarebbe un film romantico/drammatico, non preoccupatevi… tutt’altro. Giunte a Lisbona, esplorammo la bellissima città a mani unite, dirette verso la nostra nuova casa. Non dimenticherò mai quel momento. L’odore del cibo cucinato si insinuava tra le stradine, e la bellezza degli azulejos (le tipiche piastrelle dipinte a mano portoghesi) che ci circondava mi riportò, in un lampo, indietro nel tempo, in un tempo a me molto caro. Inaspettatamente, mi si riaprì nella mente “la stanza delle memorie”, legate a quegli odori e a quelle decorazioni floreali, a scene marittime disegnate nei dettagli, a quel blu...

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Fu come se mia nonna Antonietta mi avesse aperto la porta di casa sua nel giorno del suo compleanno. Ricordai nitidamente due scene: Io bambina, tra i piedi di mio padre ai fornelli nella cucina del nostro ristorante, tra i fumi e gli odori delle pietanze. L’altra scena, sempre da bambina, a piedi scalzi, correndo sul pavimento di maioliche dipinte a mano nella casa di Erchie, in Costiera Amalfitana, dove villeggiavamo d’estate con le famiglie ancora unite e serene. Sono cresciuta lì, tra limoneti, torri saracene a picco sul mare, odori di sughi freschi al pomodoro preparati al mattino dalle donne locali, mentre ascoltavano canzoni melodiche napoletane dalle radioline. Mio padre era uno chef appassionato, amante della natura, del cibo sano e del silenzio. Pescava per ore, e la sera cucinava spigole e orate per tutti, puntualmente. Noi piccoli invece mangiavamo spaghetti con le vongole (regolarmente scartate!) nei tipici piatti di Vietri sul Mare, decorati a mano con limoni e pesci che sguazzavano in acque azzurre.

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Due scene che mi hanno totalmente scaldato il cuore. In quel momento ebbi l’ennesima conferma che eravamo nel posto giusto per ricominciare. Tirai un sospiro, abbracciando la mia piccola Aria. Ero di fronte al sodalizio tra due terre, il Portogallo e l’Italia, unite dall’arte dell’azulejo, della maiolica, e dagli stessi invasori: gli arabi, con le loro incredibili decorazioni da cui tutto partì. Poi c’ero io, italiana, partita anni prima dall’Italia verso l’Oriente per amore, e successivamente verso il Portogallo.

Un’incredibile costellazione. Lisbona e la sua gente ci accolsero con sincerità e semplicità quasi insolite, e così ebbe inizio la nostra nuova vita, a suon di campane e di fado che echeggiava dalle radioline dei bar e dei piccoli ristoranti a conduzione familiare (tasche). Mi ero ritrovata con una parte di me che non incontravo da troppo tempo, e che non avrei mai più lasciato. La gioia fu grande.

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